Lo Sciamano e l’Infinito: per una lettura di “Le Midi des Coquelicots” di Michel Cosem

Con la maturità stilistica e contenutistica che pertiene ai letterati di lungo corso, Michel Cosem, poeta, narratore ed editore proveniente dal Sud della Francia e noto in Italia grazie alle traduzioni delle valenti francesiste Mirta Basilisco e Stefania Ruggieri, con “Il mezzogiorno dei papaveri[1]”porge al lettore l’immagine di uno scrittore immerso nella purezza degli elementi naturali e in grado di trarre da essi la forza per affrontare, con l’arma spuntata della poesia, il “teatro del mondo” presente popolato di gatti, uccelli e varie altre creature che sembrano implicitamente suggerire allo scrittore, e al lettore, una verità di vita: “Il faut saisir l’instant / comme un beau papillon qui passe dans le vent / Il faut s’habiter / le plus longtemps possible / et cheminer sur ses chemins intérieurs[2]”. Cosem è dell’idea che “solo ciò che fugge / eternamente dura”, come direbbe il mio anziano Maestro di scrittura poetica, probabilmente perché proprio vivendo intensamente l’attimo presente è possibile dilatare il tempo e vincere la sfida dell’immortalità artistica e non solo. Verrebbe da dire, anche a proposito di Cosem, che il detto ovidiano “Non omnis moriar” ben si adatterebbe al Nostro scrittore francese, se una ragionevole prudenza non inducesse i lettori e gli estimatori di questo autorevole Contemporaneo, recentemente scomparso, a considerare che tutti i poeti, dopo la propria scomparsa, devono affrontare un periodo di tempo “purgatoriale”.

          Da parte sua, Cosem comunica con un Infinito venato di un Panteismo di marca egizia, in cui compare Osiride che, parlando al poeta, lo esorta a compiere un viaggio che inquieta, ma solo temporaneamente: Cosem scrive di essere felice di sentire questa voce e scopre che proprio tale voce “est au – delà du temps / lorsque soudain tout se resserre / et devient absolu[3]”. In questa simbiosi tra uomo e natura sembra che anche gli elementi più diversi siano in grado di somigliarsi e di sostenere l’Autore nel proprio viaggio conoscitivo. Infatti, Cosem scrive che “Ciel et terre / se ressemblent / et portent des moissons de rêves[4].

          Il poeta Cosem è solo nella sua ricerca sciamanica del senso dell’esistenza? Assolutamente no. La donna amata è presente in versi di rara bellezza ed eleganza: “Lo so / potresti essere nuda / color d’oceano / color di sabbia / color di foresta in lontananza / potresti essere colei che non smette di cantare / a dispetto della notte giunta / colei dal cuore pulsante[5]”. La donna rappresenta, nei versi del poeta francese, una sorta di “porta” che dischiude il senso dell’esistere e dell’essere – nel – mondo dell’uomo.

          In conclusione, è giusto ricordare che Cosem è stato, è e sarà uno scrittore molto amato, si spera anche dal pubblico italiano, a causa del suo romantico e, nello stesso tempo, estremamente pragmatico “scrivere la vita” con l’orgogliosa consapevolezza di avere una visione del mondo di elevata caratura. Sta a noi lettori e critici italiani valorizzare adeguatamente, ora che Cosem è partito per l’ultimo viaggio, un Autore che ha fatto della continua ricerca dell’Infinito una cifra indelebile della propria scrittura, leggiadra ed elegante come le ali delle farfalle tanto care al poeta.

                                                                                                            Marco Pavoni


[1] Michel Cosem, “Le Midi des coquelicots”, Encres vives, Toulouse, 2016. Traduzione italiana di Mirta Basilisco e Stefania Ruggieri nell’ambito della rivista “Poesia” (Nuova serie, Anno II , numero 8), Crocetti Editore, Milano, Luglio / Agosto 2021.

[2] “Dobbiamo cogliere l’istante / come una bella farfalla che volteggia nel vento / Dobbiamo abitarci dentro / il più a lungo possibile / e camminare sui nostri sentieri interiori”, traduzione italiana di Mirta Basilisco e Stefania Ruggieri.

[3] “va oltre il tempo / quando d’improvviso tutto si stringe / e diventa assoluto” (pag. 113).

[4] “Cielo e terra / si assomigliano / e portano raccolti di sogni” (pag. 113 della traduzione di Mirta Basilisco e  Stefania Ruggieri).

[5] Per il testo originale, vedi pag. 113 della Rivista internazionale di cultura poetica “Poesia” (Nuova serie, Anno II, numero 8, pag. 113)