Oggi vorrei parlarvi di un processo mentale che trovo affascinante: la ruminazione. È interessante notare come i ricercatori abbiano scelto questo termine, ispirandosi al modo in cui alcuni animali digeriscono il cibo. La parola “ruminazione” deriva infatti dal processo dei ruminanti, che rigurgitano e rimasticano il cibo per renderne la digestione più completa. In maniera simile, la ruminazione mentale consiste nel “ripensare” insistentemente a un evento negativo del passato, tornando continuamente sugli stessi pensieri senza riuscire a lasciarli andare.
La ruminazione è definita come un processo cognitivo caratterizzato da uno stile di pensiero disfunzionale e maladattivo, concentrato prevalentemente sugli stati emotivi negativi interni e sulle loro conseguenze (Martino, Caselli, Ruggiero & Sassaroli, 2013). Immagina, per esempio, di essere al lavoro e di ricevere un feedback dal capo su un progetto appena concluso. Speravi in un riconoscimento positivo, ma invece il capo sottolinea alcuni aspetti da migliorare. Pur trattandosi di una critica costruttiva, uscendo dall’ufficio ti ritrovi a ripensare ossessivamente alle sue parole: “Perché ha detto così? Dove ho sbagliato esattamente? Avrà cambiato opinione su di me?” Questa situazione è molto comune e rappresenta un esempio perfetto di come possa nascere la ruminazione: un processo in cui si rivive un evento negativo del passato, analizzandone ogni dettaglio nella speranza di capirlo meglio, ma finendo per amplificare le emozioni negative.
Ciò che inizia come un tentativo di riflessione diventa presto un ciclo continuo di pensieri, in cui la mente torna incessantemente su quella frase del capo o su qualche dettaglio della conversazione, aumentando insicurezza, ansia, tristezza e dubbi sulle proprie capacità. Le conseguenze di questo processo possono essere varie. Tra le più note c’è il legame con gli stati depressivi: continuare a chiedersi “perché è successo?” o ripetersi “se solo avessi detto… se solo avessi fatto…” è un modo di pensare rivolto al passato, che ci impedisce di vivere il presente con leggerezza e serenità. Questo atteggiamento finisce per farci sentire sempre più tristi, contribuendo a peggiorare i sintomi della depressione, per esempio.
Ma la ruminazione è una patologia? La risposta è no. Tutti noi possiamo ruminare di tanto in tanto su eventi del passato. Ciò che fa la differenza è la rigidità di questo schema di pensiero. Se la ruminazione diventa una costante che pervade le nostre giornate, riducendo concentrazione e motivazione, potrebbe essere utile rivolgersi ad un professionista della salute mentale per imparare a gestire i pensieri. Come afferma il terapeuta A. Wells, “un pensiero è solo un pensiero”: siamo noi a poter scegliere come, quando e a cosa dare attenzione, non siamo schiavi della nostra mente. Possiamo liberarci della ruminazione che sabota il nostro presente e riprendere in mano la nostra vita.
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